Aver avuto l’appellativo di “Budda”, panza-honoris causa, fino dall’epoca dalle medie, mi aveva marchiato come “il ciccio” per tutta l’adolescenza. Il danno era fatto. Che ero ciccio lo trasmettevo da ogni poro. Me ne sono accorto quando entrato in una paninoteca ed ordinati i miei due panini alla salsiccia ed uno con la cotoletta che mi piace e molta maionese per favore, e anche uno con il wurstel ma niente senape che sto leggero oggi, il commesso ha segnato l’ordine e non sapendo il mio nome ha scritto “ciccio” e lo ha anche cerchiato. E non mi aveva mai visto prima... come faceva a saperlo che gli amici mi chiamavano così? Sarà stata la mia fama? O la mia fame? Mmm... ho cominciato a rifletterci. Per pensare bene ho sempre dovuto masticare qualcosa... che ne so, una merendina, un torroncino, una caramella, qualcosa. Ma non è che fossi stato un bambino grasso. Anzi! Robustino forse, ma grasso no. Robusto nel senso di massiccio, grosso. Ci ho sempre tenuto alla differenza tra grosso e grasso. Non è solo questione di una vocale, eh. Volete mettere Pavarotti e Swarznegger? Uno canta e l’altro recita. Cosa? Uno fa il governatore in California? E io che ho detto... uno canta e l’altro recita... Insomma, tra grosso e grasso c’è differenza. Ed io mi coprivo dietro all’alibi che ero grosso, e se comunque fossi anche stato grasso... più di così non sarei potuto esserlo. Ed infatti... ho ingurgitato le più maestose quantità di cibo che mi siano capitate davanti, tre pizze per cena (testimoni amici ed ex fidanzate), pranzi che partivano da due antipasti e finivano anche con tre dessert, senza farsi mancare il primo ed il secondo abbondanti... e faccio anche il bis del secondo che era buono (testimoni colleghi di lavoro e altri dirigenti in pranzi d’affari), ho fatto colazioni per le quali il bar faceva un ordine extra di brioche (il mio record è 15 brioche e 4 cappuccini per colazione, ma la media è sempre stata di 3-4 brioche e 2 cappuccini, testimone qualsiasi barista del centro di Mestre). Ogni volta che ho mangiato lo ho sempre fatto con piacere, ma anche con l’ansia di DOVER finire tutto quello che c’era nel piatto. Il perché è presto spiegato: l’imprinting materno ha lasciato un comando quasi indelebile: “FINISCI TUTTO”. Devo ancora oggi rassicurarmi che la porzione sia piccola all’inizio, perché lasciare qualcosa nel piatto è per me impossibile. Con mia mamma non importava che avessi mangiato quanto mi bastava, quando ero piccolo dovevo finire tutto. Mia mamma, secondo me, misura inconsciamente l’amore verso i suoi figli nutrendoli in maniera soddisfacente. E mi amava tantissimo da piccolo, quindi le porzioni erano immense! (...ed io non potevo lasciare lì nulla...) Non ricordo quale fosse il ricatto (mi ritrovavo lì la stessa cosa riscaldata la volta dopo, non potevo giocare con il gioco preferito, mi sorbivo la storia dei bambini del Biafra...), ma DOVEVO FINIRE TUTTO QUELLO CHE C’ERA NEL PIATTO. Sono sicuro che c’era del giusto in quell’insegnamento, anche se devo ancora coglierne il concetto... quello che so è che ancora oggi, a 30 anni, devo finire tutto o mi sento in colpa (beh, se mi impegno riesco anche a dire... oh, ma vaff... e lasciare lì, ma se il cameriere non si prende il piatto entro 5 minuti ricomincio a spilucchiare finché finisco tutto). Comunque sia, io ho sempre mangiato in quanto MANGIARE E’ BELLO, è un piacere. Se abbiamo cinque sensi (vista, udito, tatto, odorato, gusto) dobbiamo allietarli tutti e lo facciamo quotidianamente: ascoltiamo bella musica, guardiamo belle immagini, annusiamo buoni profumi, (quella sul tatto ve la lascio immaginare) e gustiamo buoni sapori. Quindi io ho sempre mangiato con la passione con cui Sgarbi si guarda, chessò, la Gioconda, o con cui un amante di musica classica ascolta un concerto alla scala od un estimatore di essenze prova la fragranza di un nuovo profumo. Ho mangiato i cibi più ricercati e le schifezze più assurde. Qui c’è lo zampino di mio padre che mi ha portato nei ristoranti più buoni ed altre volte, spesso la domenica mattina, mi diceva: “facciamo un pasticcè?” e con la farina come base, mescolavamo un po' tutto quello che trovavamo in cucina, per poi infornarlo o cucinarlo in padella. A volte sono venute fuori cose buonissime (che non siamo mai riusciti a replicare) altre volte cose che avremmo potuto usare come veleno per i topi. Questa educazione mi ha portato a dei comportamenti alquanto insoliti con il cibo: alle elementari intrattenevo i compagni sbriciolando le patatine nella fanta e bevendomi la zuppa che ne derivava davanti ai loro sguardi orripilati. Un mini-pasticcè da merenda scolastica. E lo bevevo tutto! (certo, altrimenti mi sentivo in colpa, no?) Che volete? Mi insegnano questo a casa... (capito Berto?). Tutto questo per dire che un giovane in salute, che ha stramangiato e malmangiato, non è mai andato “seriamente” sovrappeso fino ai 24 anni. Sono sempre rimasto tra gli 85 ed i 95 kg, che per un metro ed 86 cm di altezza ed una costituzione robusta sono un peso giusto. Dopodiché è stato l’inizio della fine. C’è chi sostiene che ho addirittura incrementato la quantità di cibo, io sostengo solo di aver diminuito l’attività fisica. Anche perché più di quanto mangiavo non penso fosse possibile mangiare. Sarà successo qualcosa al mio metabolismo, alla tiroide, non lo so. Io credevo solo che si fosse rotta la mia bilancia. Mi vedevo sempre uguale, ero convinto che la lavatrice funzionasse male e tutti i vestiti si fossero ristretti, ma non avevo capito che mi stavo gonfiando come un maiale all’ingrasso. Non capirlo non mi ha messo all’allerta. Un sistema di difesa psicologico ha fatto si che l’immagine allo specchio rimanesse quella di prima dell’ingrasso e quindi io non vedessi assolutamente l’elefante che ci si rifletteva (No, non è che mi specchiassi nudo e dico elefante per via della proboscide... dico elefante per le dimensioni... No, non le dimensioni della proboscide.. ma guarda che casino... Insomma, mi specchiavo e non vedevo quanto grasso ero). Ecco come, dopo tre anni abbondanti di “abbondanza”, ho capito di essere diventato talmente grasso (136 Kg, ma avevo raggiunto i 125 appena 4 mesi dopo aver cominciato ad ingrassare...) da dover cercare di porre rimedio alla cosa. Non vedendomi grasso allo specchio, ho avuto la fortuna di vedermi in video. Lì mi sono visto per come ero. Il primo momento è stato uno shock non da poco, ma è servito solo per capire che qualcosa non andava, non “quanto” non andava. Altro fattore: camminando per strada mentre ero con amici vedevo un grassone e dicevo... “sarò grasso sì, ma mica come quello lì...” e loro mi rispondevano, timidi, “a dire il vero tu lo sei un po’ di più...”. Ultimo, anzi primo segnale d’allarme, che non avevo colto al volo, era che mia moglie evidentemente non amava gli ippopotami. Poveretta, si era sposata con un ragazzo in linea, e dopo quattro mesi si è trovata un ippopotamo in casa. Non la biasimo se ha scelto (al contrario di Bud Spencer e Terence Hill) di NON stare con gli ippopotami, e nella fattispecie con il sottoscritto. La moglie ha piuttosto scelto di andarsene con una specie di orango, residente una gabbia più in là della nostra, che all'epoca ho odiato, ma che se incontrassi oggi per la strada (se vive ancora qui in Florida) ringrazierei per il FONDAMENTALE ruolo che LUI ha avuto nella mia vita: se non ci fosse stato lui... forse oggi sarei non solo ancora grasso, ma anche sposato e CALVO dalla disperazione. Invece LUI non lo sa, ma è l'uomo della mia vita, la mia liberazione! Grazie a LUI ho potuto riprendermi la vita in mano!!! Quindi, grazie all'orango ed alla moglie, mi sono ritrovato single ed obeso, ed ho vissuto la fase di consapevolezza dell’essere grasso, ma nell’orgoglio di esserlo. All'urlo di “Grassi del mondo unitevi per il Fat pride, l'orgoglio di essere grasso”, ho passato un anno in cui ho ballato sulla mia autostima. Se già era ridotta ai minimi termini, la ho proprio calpestata. Nelle condizioni in cui ero si è molto deboli psicologicamente. L’essere cosciente di essere in una condizione fisica inadeguata, mi ha portato ad un comportamento nettamente opposto a quello che ora riterrei logico (che sarebbe stato quello di darsi da fare per migliorare).
Un totale rifiuto dall’ammettere che ci fosse qualcosa che non andava nell’essere deforme (perché è quello che ero), mi ha portato ad un’insistenza nel mangiare a sproposito (anche se non riuscivo più a mangiare le quantità di cibo che potevo mangiare in passato) quasi per fare sfoggio della mia possenza fisica. E le cose peggioravano: essere pesante mi rendeva incapace di condurre una vita normale. Le ragioni erano le più svariate: sudavo tantissimo se solo camminavo per più di 10 metri (questo comportava, per esempio, arrivare ad un incontro di lavoro come se avessi fatto la doccia vestito, senza nemmeno profumare troppo, gocciolando da tutte le parti. Faceva schifo a me, che non potevo farci niente, immagino non fosse troppo gradevole per chi aveva a che fare con me), avevo difficoltà a respirare (questo vuol dire che respiravo RUMOROSAMENTE, mi arrivava poco ossigeno nel sangue che già doveva fare una fatica ad irrorare l'estesa superficie del mio corpo e quindi, per fare le scale, per esempio, dovevo fermarmi ogni tot gradini a “prendere fiato” e poi russavo così forte che riuscivo a svegliare me stesso!), non ci stavo nelle sedie normali (allo Zelig di Milano, un teatro di cabaret, tutte le sedie sono cromate. La mia era ROSSA. Sapevo ogni sera, a colpo d'occhio, dove mi avevano sistemato. Avrei voluto una sedia come TUTTI GLI ALTRI, ma il mio sedere non passava tra i braccioli di quelle cromate. Che culo...), non trovavo vestiti della mia taglia (in effetti ho imparato ad amare ed apprezzare Emmanuelle Boutique specializzata in pantaloni e t-shirt della mia taglia ed anche in mongolfiere e tende da circo) e se mi accucciavo dovevo avere degli appigli per riuscire a tirarmi su (se mi scivolava qualcosa di mano valutavo bene se valeva la pena raccoglierla o no. L'operazione piegarsi sulle gambe e ritirarsi su era impossibile senza una sedia o qualcosa vicino a cui aggrapparmi) e non aggiungo i dolori a ginocchia e schiena. Una piccola vita d'inferno. Vissuta comunque sempre sorridendo a tutti, ma sentendomi una merda di dimensioni spropositate. Non è facile. Anzi, pretendevo di avere una vita normale nonostante fossi in quelle condizioni, senza capire che dovevo mettermi di impegno e tornare prima alla normalità fisica, se volevo vivere normalmente. Anzi, avrei anche potuto fare di meglio. In fondo quella di prima non è mai stata una normalità tanto regolare. E così ho pianificato sommariamente, ma ho soprattutto messo in atto, il mio piano biennale. Ed è stato nel luglio-agosto 2002 che ho avuto la spinta decisiva. Devo ancora ringraziare la persona che me la ha data, anche se dovrei detestarla per come lo ha fatto, ma è grazie a lei che mi sono messo di impegno, ho smesso di fumare, mi sono messo a dieta e con l’aiuto di un dietologo e di tanta dedizione sono sceso, risalito, risceso, ed un po’ alla volta sono tornato com'ero prima di cominciare ad ingrassare. Poi ho continuato nella dieta e mi sono messo in linea del tutto per avere il mio peso forma ideale. Mi sono strabiliato. In un anno esatto avevo perso 50 Kg. Da 136.5 ad 86.5 Kg. Era passato uno solo dei due anni di programma biennale di riassestamento psicofisico e quantomeno per il fattore fisico c'ero riuscito. Il programma continuava per il secondo anno con la messa in forma del fisico: palestra, esercizio, sport. E nel frattempo avrei dovuto educare la mente. In palestra ci sono andato per un bel po', e questo certo ha stimolato il mio appetito. La mente aveva dei capricci (culinari) che ho voluto soddisfare, e, per farla breve, nel giro di qualche mese ero tornato sopra i 100 Kg di nuovo. Tanto, mi dicevo, dimagrisco quando voglio. E così ho superato i 110. Sono arrivato a 115. Ben a 21 Kg dall'essere di nuovo l'ippopotamo di prima. Beh, il corpo deve ristabilizzarsi, non si possono perdere 50 Kg in un anno... insomma, mentre mangiavo fette di torta al cioccolato (anche per consolarmi da una piccola delusione d'amore) cercavo scuse. Per fortuna nel mio piano biennale non avevo tralasciato gli altri fattori: in questi due anni ho digerito (oltre le torte al cioccolato) diversi libri di psicologia transizionale, autoanalisi, ho fatto ricerche su internet, ho letto evidenziato e studiato Berne, Freud ed altri “pensatori”. Da solo, anzi, suggerito da loro stessi, che si citano di continuo l'uno con l'altro. Ho letto anche quei libri che mi erano stati suggeriti, che avevo comprato e lasciato in disparte e solamente sfogliato. Ho fatto un piccolo grande viaggio dentro di me. Proprio tra tutte le fette di torta. Beh, col senno di poi è facile dirlo, ma a volte la soluzione è molto più semplice di quanto non si creda, e non la si trova solo perché si cerca una soluzione complessa. La dieta di cui avevo più bisogno, e che dall'inizio dei due anni non avevo ancora fatto, era una dieta mentale, una dieta di pensieri, di ansie, di aspettative mentali che mi offuscavano così tanto la mente da non permettermi di controllare bene la mia dieta alimentare, la mia “dieta” di lavoro, la mia “dieta” nelle relazioni sociali, etc, etc, etc... Ora sono in forma, ho qualche chiletto da perdere, ma so che non è un problema (peso meno di 90 Kg, per la cronaca) e la cosa più importante è che ho di nuovo il pieno controllo di me stesso, a fondo, come una volta, meglio di una volta, perché in passato lo avevo inconsapevolmente, ora lo ho coscientemente, e non è una differenza banale. Non vorrei venire frainteso, sono sempre stato a posto con la testa!!! Quando dico avere il pieno controllo intendo avere una percezione di se stessi in ogni senso (fisico, mentale, emotivo, temporale) con una estrema lucidità, rispetto a quando si è costantemente distratti e sovrapensiero per cose fondamentalmente irrilevanti che comunque non se ne vanno dalla testa. Ci si concentra di più nel lavoro, si ottengono migliori risultati, ci si focalizza meglio, ci si organizza meglio, si è più obiettivi. E poi l'essere splendidi, belli (certo, quando si è in forma mentalmente e fisicamente si è belli), brillanti... ha i suoi vantaggi! Cito a memoria parte di una email che ho scritto ad una mia amica sulla mia perdita di peso e l'effetto che questo ha avuto sulle donne: 136 Kg: Le vecchiette, in autobus, si alzano per lasciarmi il posto; 126 Kg: Se indosso l'auricolare del cellulare fuori da una discoteca le ragazze vengono a fare le sceme con me convinte che io sia un buttafuori; 116 Kg: Le ragazze mi chiedono di accompagnarle a casa la sera, ma solo perché si sentono al sicuro vicino a qualcuno di massiccio; 106 Kg: Per la strada le ragazze mi guardano; 96 Kg: Per la strada le ragazze mi guardano e mi sorridono; 86 Kg: Per la strada le ragazze mi guardano, mi sorridono e mi fermano con una scusa per conoscermi... Penso comunque che se continuassi a calare di peso il trend cambierebbe... Verso i 56 Kg le cose sarebbero tipo: per la strada le ragazze mi guardano, mi fermano e mi fanno ricoverare! Quindi ora che sono tra gli 85 ed i 90 Kg il mio obbiettivo primario sarà quello di mantenere questo peso per almeno un anno facendo attenzione a non ingrassare o dimagrire troppo, dopodiché dovrebbe diventare una cosa naturale alimentarmi correttamente per mantenere un peso stabile (cosa che sto facendo già da un po'). Ma capito il trucco tutto è più facile. Un buon controllo sulla mente dà ottimi risultati sul controllo dell'alimentazione, e non solo!
1 Commenti:
Ciao :) grande spero di riuscirci anchio sai leggendo questo mi sono rivista io.. la prima scintilla sono state le foto scattate da un mio amico xD ho detto mii sono diventata un elefante! e da allora sto cercando di migliorare anke xke x le donne e anke piu difficile essere elefanti :P
buona fortuna :)
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